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MILANO FINANZA: ORA FUCINO CERCA ALTRE PREDE

By 29 Gennaio 2025No Comments

LO DICE IL CEO MAIOLINI DOPO L’ACQUISTO DELL’85,3% DELLA CASSA DI ORVIETO

L’operazione umbra si chiude senza impatto sui requisiti di capitale: nasce il primo istituto privato di medie dimensioni del Sud. Adesso l’obiettivo è far crescere gli impieghi a farmaceutico e rinnovabili

La nostra offerta è stata ritenuta economicamente adeguata a valorizzare l’azione di risanamento della Cassa di Risparmio di Orvieto (Cro) svolta da Mcc: ricordo che non abbiamo acquistato una banca in crisi. Ma ci fa piacere che la nostra proposta sia stata preferita anche per i contenuti industriali, come il mantenimento dell’autonomia, del marchio e la piena salvaguardia dei livelli occupazionali».

Il ceo Francesco Maiolini racconta i progetti che Banca del Fucino ha per la Cro, il cui 85,3% è stato pagato a Mcc circa 90 milioni di euro. “Gli aspetti essenziali del piano industriale sono l’identità dell’istituto umbro e la riaffermazione della sua presenza sul territorio. Oltre alla qualità delle relazioni industriali, che continuerà a rappresentare un fattore strategico per la crescita del nostro gruppo”.

Domanda. Che dimensioni avete raggiunto dopo il deal?
Risposta. Già oggi, grazie alla semplice somma dei due istituti senza calcolare le sinergie da aggregazione, il prodotto bancario complessivo supera i 10 miliardi. In prospettiva gli aspetti chiave sono la contiguità territoriale e la forte complementarità delle due banche in termini di prodotti e clientela di riferimento: retail per la Orvieto, small business sino alle mid corporate per la Fucino.

D. Che impatto avrà l’operazione sul gruppo?
R. I nostri requisiti di capitale rimarranno inalterati.

D. Le risorse necessarie sono arrivate da un aumento di capitale da 75 milioni.
R. La dotazione patrimoniale rientra nell’autorizzazione, ricevuta due anni fa da Bankitalia, ad aumentare il capitale portandolo a 350 milioni complessivi per sostenere la nostra crescita.

D. Dopo il closing con Mcc, quanto occorrerà per le autorizzazioni dei regolatori?
R. I tempi dipendono da noi, nel senso che saranno legati alla nostra capacità di fornire risposte adeguate alle autorità. Tenuto conto della nostra pregressa esperienza, riteniamo realistica una chiusura dell’iter autorizzativo nella prima metà dell’anno.

D. Dopo l’ok definitivo chiederete dei rappresentanti nel cda di Orvieto?
R. Il consiglio di amministrazione sarà rappresentativo della partecipazione nel capitale della banca. Sono tematiche che affronteremo con azionisti e autorità di regolamentazione, tenendo presenti le istanze del territorio. In ogni caso coinvolgeremo profili di grande esperienza e prestigio.

D. Che rapporti avete con la Fondazione di Orvieto, ancora socia con circa il 15%?
R. Finora abbiamo avuto interlocuzioni soltanto con l’azionista di maggioranza. Ma siamo convinti che le relazioni con la fondazione saranno improntate all’interesse comune di valorizzazione del territorio e della banca.

D. Ora quali saranno i prossimi passi?
R. Abbiamo sempre guardato alle opportunità con un approccio prudente e ispirato a due stelle polari:la crescita dimensionale e il rafforzamento patrimoniale. Il nostro modello di business è quello della banca universale, con alcune forti specializzazioni come nell’health & pharma o nelle rinnovabili. Per il futuro puntiamo innanzitutto a rafforzare ancora il nostro business in questi comparti.

D. Come è andato il 2024 e cosa vi aspettate per il 2025?
R. Posso anticipare una chiusura di particolare soddisfazione per la compagine sociale, che si colloca ben al di sopra delle previsioni di budget. Per il 2025, invece, il nostro piano industriale punta alla rapida attivazione delle sinergie con la Cro e alla prosecuzione del trend di crescita di questi anni, nei quali la capacità di ricavo del gruppo si è consolidata grazie all’incremento del prodotto bancario e alle nuove attività.

D. Non siete i soli a comprare. Il risiko è ripartito anche per altri, come Unicredit, Bpm, Mps e Mediobanca.
R. Quanto sta accadendo sullo scenario nazionale è sintomo dell’esigenza di una maggiore attenzione al potenziale economico del Centro Italia e di Roma, realtà che richiedono un maggiore peso negli equilibri bancari nazionali. La nostra crescita rientra in questo quadro.