Giulio Gallazzi, fondatore e ceo di SRI Group, spiega le prospettive di crescita per il 2023
Aumentare la presenza nel proprio core business e ampliare l’offerta commerciale verso nuovi mercati e settori. È la strada maestra che le PMI devono percorrere per essere competitive. Ciò comporta investire in tecnologie digitali, impiegare know-how consolidato e soprattutto crescere per linee esterne in modo da raggiungere le dimensioni necessarie al raggiungimento dei target. Aiutare le aziende a diventare grandi è il mestiere di Giulio Gallazzi, imprenditore bolognese che negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé conquistando con SRI Group, da lui fondata oltre vent’anni fa e del quale è attualmente Ceo, una posizione di leadership nelle operazioni di finanza straordinaria e di sviluppo industriale nel segmento delle piccole e medie imprese. SRI Group, infatti, rappresenta oggi uno dei maggiori gruppi europei indipendenti che si occupano di Financial Advisory e Corporate Investment Banking dedicato alle PMI europee.
Gallazzi, qual è lo stato delle PMI italiane in questo inizio d’anno e quali le prospettive di crescita di un segmento così rilevante per il Pil e l’occupazione del nostro Paese?
«L’opinione diffusa fra gli operatori finanziari e le associazioni di categoria è che il 2023 sarà un anno piuttosto complesso per le PMI italiane, visto le tante variabili in gioco e il clima di incertezza che perdura nel sentiment degli imprenditori. Ma le nostre aziende hanno fondamentali positivi e, se si risolveranno i problemi che distorcono in negativo la loro competitività, possiamo aspettarci tra la seconda parte dell’anno e l’inizio del 2024 una fase di crescita. Anche se selettiva».
In che senso selettiva?
«Le nostre aziende hanno superato bene la difficile selezione ‘darwiniana’ imposta dagli effetti diretti e indiretti della pandemia e sanno interpretare con scelte coraggiose il clima di incertezza che ancora ci accompagna a causa della guerra e del caro energia. Ma solo le più resilienti verranno premiate da una crescita sostanziale nei prossimi 24 mesi».
Siamo quindi in uscita dalla recessione che ha caratterizzato l’ultimo trimestre del 2022?
«La frenata dell’economia farà ancora sentire i suoi effetti nella prima parte di quest’anno, dopodiché inizierà il recupero, trainato anche da un atteso calo dell’inflazione e dagli effetti positivi degli investimenti del Pnrr. Il 2023, che fino a pochi mesi fa sembrava dovesse essere negativo, probabilmente sarà migliore del previsto».
Quali sono le principali strategie di sviluppo seguite dalle nostre Pmi e le sfide che dovranno affrontare?
«Un’ampia percentuale di imprese italiane, o almeno quelle con il maggiore tasso di crescita nel triennio 2019-2022, ha puntato sulla transizione ecologica e su quella digitale, entrambe spinte dai generosi incentivi statali, dal Pnrr e da un’alta domanda da parte dei clienti finali. La sfida più impegnativa è senz’altro legata ai costi dell’energia e all’inflazione, criticità che si sono tradotte in un rialzo rapido dei tassi di interesse e che impattano anche sull’accesso delle aziende al credito. In particolare possiamo attenderci che rimarranno ancora elevati nel 2023 i prezzi dell’energia, anche se in calo rispetto all’anno scorso, mentre l’aumento dei tassi di interesse andrà a calmierarsi probabilmente già nel primo semestre».
Che ruolo ha giocato il Fondo di Garanzia per le PMI ?
«Quello di uno strumento fondamentale – anche quantitativamente perché rappresenta il 15% del Pil italiano – per il sostegno e lo sviluppo delle imprese. In un Paese dove oltre il 90% delle imprese fattura meno di 10 milioni e ha meno di 50 addetti, la garanzia pubblica per l’accesso ai crediti significa aiutare le imprese più piccole a crescere dimensionalmente o, nei periodi di difficoltà, a mantenere lo status quo. Le piccole aziende sono le maggiori fruitrici del Fondo di Garanzia: dall’analisi dei dati relativi a 2,8 milioni di domande presentate, emerge che il 95,7% viene da imprese sotto i 10 milioni di fatturato; il restante 4,3% da imprese che sono classificate di media dimensione (quelle fino a 50 milioni di fatturato e meno di 250 dipendenti). Le prime impegnano il 74,9% delle garanzie pubbliche messe a disposizione, mentre le seconde impegnano il 25,1%».
I numeri indicano che il mondo delle Pmi sta diventando sempre più importante per il Corporate Investment Banking e per gli investitori di Private Equity. Cosa prevede per il futuro?
«Il panorama attuale sta mettendo in discussione tutti i processi operativi e decisionali delle aziende. Questo comporta che le imprese dovranno trovare energie e capacità per rinnovarsi profondamente e farsi trovare pronte a cogliere un periodo di crescita che potrebbe essere il più significativo degli ultimi vent’anni. In quest’ottica, le operazioni di M&A saranno uno strumento indispensabile, sia come Private Equity per rafforzare le capacità finanziarie dell’impresa sia come partner per operazioni di ristrutturazione del debito finanziario».
In conclusione, un consiglio per gli investitori.
«Puntate sulle PMI, che saranno ancora un fattore trainante per la ripresa nazionale. Si tratta di un’eccellenza del nostro Paese, fatta di realtà capaci, innovative e resilienti. Lo conferma la performance 2022 dell’Euronext Growth Milan, il listino dedicato alle Pmi, che ha battuto le big di Piazza Affari per numero di Ipo e anche in termini di raccolta di capitali».
Il Resto del Carlino – Economia, pag. 15, di Andrea Ropa – 9 gennaio 2023